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Ultra Music Festival, pregi e difetti del 2016

Le emozioni tra Main Stage, ASOT e il tocco techno, passando per le otto assenze pesanti durante lo show di Key Biscayne. Pro e contro della tre-giorni di Miami.

Antonio Gargano Autore:

Pubblicato: | Aggiornato:

UMF 16

È stata l'edizione che ha dato ampio spazio alla produzione, con l'analisi delle ID già partita dalla vigilia. Allo stesso tempo, però, secondo un'altra fetta consistente di ravers, è stato l'anno delle grandi assenze, facendo leva su una timeline che lasciava molti dubbi e altrettante ipotesi di chiusure clamorose. Come ogni grande appuntamento che si rispetti, anche l'Ultra Music Festival si chiude sia tra gli strascichi sia tra le approvazioni.

Si potrebbe riassumere tutto in una battaglia tra quantità e qualità: la prima è quella rivendicata da chi sottolinea una lineup scarna rispetto alle attese, la seconda è invece il cavallo di battaglia di coloro che, ad orecchio e non solo, hanno riconosciuto alcune migliorie sul piano delle idee e dell'estro dei protagonisti chiamati in causa. E così, al netto di un Main Stage che ha dato spettacolo per quel che riguarda la scenografia, l'argomento principale terrà ancora banco per diversi mesi, probabilmente fino al confronto con Tomorrowland: Miami merita il pollice retto o il pollice verso?

Senza ombra di dubbio, i big hanno fatto la loro parte. Hardwell e Martin Garrix, dopo aver precedentemente annunciato il lancio di diverse tracce inedite, hanno dimostrato di meritare la responsabilità dei closing set di venerdì e sabato. I giudizi post-Ultra, però, premiano in maniera abbastanza diffusa la supremazia di Armin Van Buuren, che si disimpegnato al meglio tra ASOT e Main Stage. Assistito anche da pezzi da 90 come Eric Prydz e Deadmau5, il re della trance ha retto il confronto con i sovrani della progressive, dimostrando una versatilità ancora di prim'ordine. Buon impatto anche da Pendulum e Knife Party, che hanno chiuso la domenica in un'approvazione tutto sommato generale, nonostante la diffidenza espressa nella settimana che ha preceduto lo show. Nel mezzo anche Tiësto e David Guetta, che hanno fatto in modo di non rimanere a bocca asciutta.

Le piacevoli conferme, invece, arrivano dai talenti che, ormai, non possono più considerarsi emergenti. Don Diablo, al suo primo Ultra da Highest Climber, lascia intendere che il suo stile non sarà una meteora nel panorama della dance. Ottima performance anche dei Galantis, che provano a sganciarsi dal boom estivo di Runaway andando in scena con un live-set oltre le aspettative.

Nota di merito, invece, per due figure storiche della musica elettronica di scena negli States. Carnage mette in mostra uno dei live accolti con maggior favore dalla critica, mentre Avicii torna sui livelli abituali dopo qualche defaillance di troppo ed una sospensione del tour autunnale. In fondo, il sorriso più marcato dei ravers presenti in Florida è proprio per l'artista svedese.

Risposta di un certo peso arriva anche dall'ambito techno. Nelle vesti di ammiraglio c'è Carl Cox, ancora protagonista indiscusso: al fianco del veterano britannico spuntano anche Seth Troxler e Joris Voorn. Viene così dimostrato il ruolo fondamentale di un settore distante dall'EDM, sia per sound che per fruizione di pubblico, a dimostrazione del dinamismo andato in scena a Miami.

Le note dolenti, invece, giungono da una programmazione che ha lasciato parecchia perplessità tra gli appassionati. Dei primi venti DJs della Top 100 di DJMag, sono stati in otto a non calcare lo stage dell'Ultra Music Festival. Fatta eccezione per Dimitri Vegas & Like Mike, resident di Tomorrowland e potenzialmente arruolabili solo per brevissime apparizioni, i primi forfait pesanti sono quelli degli americani: fuori dai giochi Skrillex, ma ha fatto scalpore anche Steve Aoki. Si prosegue con il "nein" di Calvin Harris, poco avvezzo ai festival nonostante una presenza costante nei club a stelle strisce. Delusione anche per Oliver Heldens e Alesso, che avrebbero dato più di un semplice contributo alla causa, così come Nicky Romero e Diplo.

Il vero neo dell'Ultra, però, riguarda l'assenza a dir poco discussa di Axwell Λ Ingrosso. Le ipotesi sono state tantissime, da una strategica tabella di marcia del duo svedese al mancato accordo sul ruolo di headliners. Tuttavia, nessuna di queste ha placato la curiosità dei ravers, che l'anno scorso hanno potuto assistere ad un'accoppiata di altissimo livello tra Miami e Boom. Non poteva mancare nemmeno il dubbio reunion, giocando sulla mancata trasmissione in streaming del set di Steve Angello e, soprattutto, sugli orari domenicali, con la timeline chiusa con un'ora di anticipo. Gli Swedish House Mafia non sono tornati neanche a Miami, peraltro nel luogo dell'ultimo live.

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Sommando i pro e i contro del weekend, è ugualmente impossibile parlare di flop. La qualità non è mancata, nemmeno da parte italiana grazie ai Marnik e a Merk & Kremont. Certamente, per via degli otto tasselli mancanti nel puzzle dell'Ultra, sarà l'edizione 2016 di Tomorrowland a dare un adeguato metro di paragone. In Belgio, l'occasione per strappare preferenze ai ravers di tutto il mondo non si può assolutamente perdere.

Tutti i Live dell'Ultra Music Festival Miami 2016

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