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Freddie Mercury, 20 anni fa la tragica morte di un mito (VIDEO)

Oggi ricorrono i 20 anni della morte di Freddie Mercury, un mito della musica che ha lasciato un vuoto incolmabile. La sua storia.

Andrea Sala Autore:

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Freddie Mercury, 20 anni fa come oggi cedette all'AIDS e privò il mondo di un talento sconfinato: la sua morte fu una delle prime "eccellenti" ad opera del virus dell'HIV e lasciò un vuoto enorme nella musica mondiale.

Non è un caso che il film sulla sua vita sia sempre più una certezza e che i Queen, ancora oggi, ricevano premi alla carriera e siano sempre sulla cresta dell'onda.

Roger Taylor, John Deacon e Brian May sono dei musicisti straordinari, ma senza l'estro e la voce di Freddie non sarebbero stati la band storica che sono.

Freddie, vero nome Farrokh Bulsara, nacque il 5 settembre del 1946  a Stone Town, nello Zanzibar (dove, paradossalmente, oggi è ufficialmente una vergogna per la sua omossessualità e la sua morte per AIDS). Dopo l'adolescenza in India si trasferì in Inghilterra dove fondò i Queen. 

La band partì negli anni '70 da un prog-rock davvero originale, sopratutto per la voce cristallina e potente di Freddie. Negli anni '80 e '90 il gruppo, più "adulto", virò vero sonorità rock più classiche, con diverse sfumature pop e persino un po' di elettronica (ma senza esagerare). 

Il vero punto di riferimento, che non è mai cambiato, era ed è sempre stato proprio Freddie: il suo fare istrionico, la sua ironia, l'indiscusso talento e la capacità di tenere il palco (anche grazie alla sfacciataggine propria di chi sapeva di essere un'icona gay) hanno stregato più di una generazione.

Potremmo citare le sue creazioni più famose - come Bohemian Rapsody, Crazy little thing called love, It's a hard life, Somebody to love, We are the champions - ma sarebbe troppo poco per descrivere un artista così dotato e poliedrico. I suoi album solisti, "Mr. Bad Guy" (1985) e "Barcelona", forse sono quelli che meglio descrivono il suo estro: il primo è un disco con sonorità pop-dance molto diverse da quelle dei Queen, il secondo è frutto della collaborazione con il soprano spagnolo Montserrat Caballé.

Questo era Mercury, un genio senza limiti, tanto sfortunato quanto amato dai fan di tutto il mondo.

Poco prima di morire - una morte sobria e privata, in contrasto con il suo fare vistoso e provocatorio - Freddie emanò un comunicato stampa proprio per dichiarare al mondo la sua malattia, già "percepita" dai media mondiali e cantata dallo stesso artista in The show must go on, uno dei brani più toccanti che chiude "Innuendo", l'ultimo album dei Queen in versione originale e pubblicato nel 1991.

"Desidero confermare che sono risultato positivo al virus dell’HIV e di aver contratto l’AIDS. Ho ritenuto opportuno tenere riservata questa informazione fino a questo momento al fine di proteggere la privacy di quanti mi circondano. Tuttavia è arrivato il momento che i miei amici e i miei fan in tutto il mondo conoscano la verità e spero che tutti si uniranno a me, ai dottori che mi seguono e a quelli del mondo intero nella lotta contro questa tremenda malattia", furono le ultime parole pubbliche di Freddie Mercury.

Poco dopo morì di broncopolmonite aggravata dall'AIDS, gettando il mondo della musica nello sgomento: aveva solo 45 anni e così tanto da dare, ancora.

Oggi andranno in scena i vari concerti-tributo in tutto il mondo, mentre sono pronti anche numerosi volumi e biografie su Freddie Mercury. Senza contare il fantomatico "nuovo" album dei Queen in lavorazione e quello di duetti con l'altrettanto sfortunato Michael Jackson.

Sono passati 20 anni dalla morte di Freddie Mercury, eppure quel vuoto risuona ancora della sua voce. The show must go on, certo, ma senza di lui non è la stessa cosa.

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