Sanremo 2011 - Promossi e Bocciati
Il Festival è finito e ci rimane la sorpresa - positiva - di non aver visto sul podio un Emanuele Filiberto di Savoia impegnato a cantare una canzone sull’Italia. Almeno questo. Una delle poche certezze che abbiamo è che, in qualche modo, il Festival di quest’anno sia stato migliore di quello dello scorso - in cui, ricordiamolo, a trionfare fu Valerio Scanu (in tutti i laghi e in tutti luoghi).
A Festival finito, rimangono naturalmente le somme da tirare, le pagelle, i promossi e i bocciati dell’edizione appena trascorsa. Vediamoli insieme.
Promosso, oltre ogni ragionevole dubbio, il trionfatore Roberto Vecchioni. Il prof più famoso d’Italia è un autore e un interprete d’eccezione da decenni, questo si sa. Si conosce la qualità del suo lavoro e la coerenza del suo pensiero, la sobrietà di una figura composta e placida che è una ventata d’aria fresca nel desolante panorama televisivo attuale, e la capacità di rimanere al passo coi tempi nonostante il trascorrere degli anni. Non sappiamo se Vecchioni riesca ad essere così moderno e attuale perché la sua vita preveda un continuo contatto coi giovani (la sua canzone era appunto dedicata “ai ragazzi e alle loro speranze disilluse”) o se sia lui ad essere giovane dentro, e in fondo non ci importa. La sua “Chiamami Ancora Amore” è bella e ben interpretata, tagliente come una lama di rasoio nella sua polaroid sociale, e ha vinto il Festival - meritatamente.
Promossa a pieni voti anche Nathalie Giannitrapani, reduce dalla vittoria ad X Factor e coraggiosa abbastanza da portare sul palco dell’Ariston un brano non semplice, non immediato ma bellissimo davvero. Promossa soprattutto perché, con garbo ed eleganza, Nathalie ha anche saputo replicare allo sterile polverone sollevato all’Arena di Giletti in cui, senza possibilità di contraddittorio, era stata accusata di aver polemizzato verso gli “Amici” di Maria de Filippi e, pertanto, di aver criticato la collega di festival Emma Marrone. Con la coerenza e la pacatezza che l’avevano già contraddistinta ad X Factor, Nathalie ha chiarito le proprie posizioni senza sottostare allo scempio televisivo che sembra praticamente lo “step obbligato” ogni volta che esiste una presunta frizione tra due (o più) personaggi dello spettacolo.
Promossa, un po' a sorpresa, anche Belen Rodriguez. La showgirl sembrava aver preso seriamente la questione Festival fin da subito: puntuale alle prove, ligia alle regole, dedicata. Le ha fatto buon gioco. Sebbene la sua performance non sia stata d’eccellenza (ma le soubrette di un certo stampo sono scomparse assieme alla compianta Sandra Mondaini), ha saputo muoversi, ballare, cantare. Ha saputo quando parlare e come farlo, e persino quando tacere. Il fatto che la sua bellezza sia innegabile è naturalmente un plus, ma il concetto è che Belen, probabilmente, ci sa fare più di quanto avessimo mai creduto e più di quanto crediamo.
Promossi Luca e Paolo - correttamente politicamente scorretti, per così dire. Hanno dimostrato un’intelligenza e una sagacia quasi sorprendenti, se consideriamo che a “Le Iene” non fanno che interpretare da anni il ruolo dei due maschilisti scurrili che, come Abatantuono in “Attila Flagello di Dio”, si chiedono se le donne abbiano anche le idee. Per inciso, un ruolo del genere arriva anche a stancare. Perlomeno al Festival hanno tirato fuori una verve satirica che, pur senza mandarle a dire, accontentava potenzialmente sia il pubblico di destra che quello di sinistra.
Naturalmente promosso Roberto Benigni e il suo lungo (troppo, in verità) monologo sull’inno di Mameli. Promosso per la puntualità dell’intervento, perché rimane sempre un piacere da ascoltare, perché le sue doti di comunicatore sono eccezionali ma soprattutto perché ha devoluto in beneficenza i 250.000 euro di cachet ricevuti per la partecipazione al Festival (anche se Sgarbi ha dichiarato ieri che altrettanti sarebbero stati incassati dalla sua agenzia, altro che beneficenza totale, ma tant’è, Benigni è una garanzia di share e non ha deluso nemmeno stavolta).
Promosso Davide Van De Sfroos per la sua “Yanez” cantata in dialetto laghée, non solo perché il brano è bello - sebbene non immediato - e l’arrangiamento di notevole intensità, ma anche perché ci vuole pelo sullo stomaco a frantumare la tradizione del dialetto napoletano sul palco dell’Ariston.
Bocciato invece Al bano. Dispiace dirlo - o forse no - ma si sente la necessità di svecchiare il Festival ed è difficile credere che Al bano sia rappresentativo della musicalità attuale del nostro Paese. Apprezziamo lo sforzo di diversificare il tema, evidente nella sua “Amanda è libera”, ma non è abbastanza. E vederlo al terzo posto ben coscienti del fatto che difficilmente il suo disco sarà nella Top Ten dei più venduti fa riflettere.
Da Elisabetta Canalis ci si sarebbe francamente aspettato qualcosa di più, in termini di co-conduzione accanto ad un Gianni Morandi che si fa perdonare diverse mancanze come conduttore di una kermesse così importante solo grazie ad una simpatia contagiosa. Da una Elisabetta Canalis che, per forza di cose, frequentando George Clooney ha modo costante di entrare in contatto con culture diverse e con un ambiente dello spettacolo molto meno provinciale di quello italiano, ci si sarebbe aspettati ancora di più. Invece dispiace aver avuto la sensazione che credesse che la sua presenza sul palco fosse più che sufficiente. In veste di traduttrice era così affidabile che Robert DeNiro ha preferito mantenere l’auricolare. E, a tratti, le sue risatine imbarazzate (e imbarazzanti) davvero non si potevano sentire.
Soprattutto, bocciato il dopofestival - il grande assente. È ovvio infatti che Sanremo debba presentarsi come manifestazione formale, a tratti persino ingessata, ma il doposanremo, le chiacchiere e le discussioni sullo show erano la parte più divertente dell’intera manifestazione.
In sintesi, Sanremo 2011 è stata un passo avanti rispetto alla pochezza di Sanremo 2010. Ma è altrettanto vero che si può fare molto, molto di più per creare una manifestazione che sia più rappresentativa dell’identità italiana attuale.
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