Nirvana, "Nevermind" e i primi 20 anni di una rivoluzione
Oggi "Nevermind" dei Nirvana compie 20 anni e sono 20 anni di un album fondamentale per la storia del rock, almeno quella degli anni '90.
Il disco uscì ufficialmente il 24 settembre 1991 per l'etichetta Geffen Records, una major. Si trattava di una scommessa su questo nuovo filone ancora non ben definito che a Seattle e New York (con i Sonic Youth) stava prendendo forma, una scommessa di cui gli stessi discografici non era poi così sicuri.
"Goo" dei Sonic Youth vendette 250mila copie e per "Nevermind" la Geffen non aveva aspettative tanto maggiori. Un pareggio andava più che bene.
L'inizio non fu dei migliori. Il "release party" del disco si tenne in piccolo locale nella periferia di Seattle, il Rebar, e fu un mezzo disastro (o un mezzo successo, dipende dai punti di vista): Kurt Cobain, Krist Novoselic e Dave Grohl istigarono una battaglia con il cibo, il che causò la loro rapida espulsione dal Rebar. E non avevano nemmeno concluso la scaletta.
Questo episodio spiega piuttosto bene l'attitudine della band, un'attitudine che si propagò poi - grazie proprio a "Nevermind" - in tutto il mondo. E segnò l'adolescenza di coloro che oggi hanno dai 30 anni in su.
Nonostante le camicie di flanella, i capelli lunghi e i jeans strappati, Cobain e soci misero tutto ciò che avevano nell'album ed è questo il vero motivo del successo di "Nevermind".
Come dimostra la reissue multi-disco che esce proprio in questi giorni, la band lavorò incessantemente per oltre un anno al fine di plasmare un album che - lo sapevano - avrebbe ricevuto il testimone di "Never Mind the Bollocks" dei Sex Pistols, a livello culturale.
Come l'album della band punk inglese, infatti, "Nevermind" esplose letteralmente nella società americana prima e in quella mondiale poi.
Chi oggi veleggia nella trentina, come il sottoscritto, si ricorda bene l'effetto dei riff essenziali, della voce graffiante e della batteria imponente dei Nirvana. All'epoca, a grandi linee, i giovani dell'area rock erano per lo più sostenitori di Vasco, Ligabue e compagnia.
Andando più sul pesante erano appena usciti i Guns n' Roses con il doppio "Use your illusion" e i Metallica con il loro "Black Album". Ottimi dischi, per carità, ma privi dell'immediatezza dei Nirvana.
Tralasciando il filone disco che comunque andava per la maggiore, i Nirvana e "Nevermind" deflagrarono anche qui da noi. Dal settembre 1991 nacque una corrente "filo-cobainiana" di ragazzi dai jeans strappati e il volto corrucciato.
Spesso lo stile della band americana li spinse anche verso la musica: "Se Kurt può fare dischi con questi riff (e senza, o quasi, assoli) posso farlo anch'io".
Ma Cobain, Grohl e Novoselic non erano come tutti gli altri e il loro successo non è stato un caso: "Questi ragazzi erano lontati dall'essere fannulloni, erano molto ambiziosi", ha dichiarato Butch Vig, il produttore di "Nevermind".
"Mi ricordo che Kurt aveva queste liste di quante copie dell'album voleva vendere, in quali stadi voleva suonare", ricorda il 56enne Vig. "Alla fine, venendo da un background punk, fu dura per lui raffrontarsi con i milioni di album venduti".
Ad oggi "Nevermind" ha venduto 30 milioni di copie in tutto il mondo, un traguardo davvero straordinario per una band in cui nemmeno la loro etichetta credeva poi così tanto.
Dal 26 settembre saranno disponibili le ristampe di Nervermind (anche se mi tengo stretta la cassetta che comprai nel 1992 e singoli in vinile) in versione Deluxe - con contenuti aggiuntivi, brani live e B-side - e Super Deluxe, composta da 4 CD e un DVD con la versione originale del disco senza il mastering di Andy Wallace e un concerto live al Paramount Theater di Seattle, datato 1991.
La vera chicca è rappresentata da alcuni demo che i Nirvana stessi registrarono mentre stavano lavorando alle canzoni che sarebbero poi confluite in "Nevermind".
"Trovammo questo fienile che qualcuno aveva tentato di adattare a studio", ha detto Novoselic. "Ma era caldo e il nostro appartamento non lo era. Era isolato. Ci trovavamo in pieno inverno e pioveva, così non avevamo niente da fare eccetto suonare per ore e ore, con solo questo stereo portatile per registrare ciò che stavamo facendo".
Questo set è stato soprannominato Boom Box Rehearsals ed è una vera e propria gemma, un posto in prima fila davanti allo spettacolo di una band straordinaria allo stato embrionale: "Provavamo per cinque o sei sere a settimana, suonando e risuonando i pezzi. Eravamo determinati e volevamo fare un buon album", ha detto Grohl.
Fu lo stesso Butch Vig a comprendere le potenzialità dei Nirvana e di "Nevermind".
L'inizio delle registrazioni presso i Sound City Studios di Los Angeles nel 1991 fu stupefacente: "I pezzi erano diventati fantastici. In sostanza si poteva vedere chiaramente come avessero scritto canzoni che combinavano l'energia punk con melodie pop indovinate. Quello era il genio di Kurt", ha detto Vig.
Per i membri dei Nirvana ancora in vita "Nevermind" è tutt'oggi fonte di grande orgoglio: "Era esattamente come volevo che fosse", ha detto Grohl. "È un disco semplice. Una batteria, un basso, un paio di sovraincisioni di chitarra e una doppia melodia vocale. Tutto qui".
Forse, più che altro, le canzoni evidenziano una certa magia che permea ancora "Nevermind", una magia che si sente solo in alcuni dei più importanti dischi della storia della musica.
"Le melodie di Kurt erano fantastiche e i testi erano così significativi", continua Grohl. "Arrivava ogni giorno con una nuova canzone. Come faceva? Era una fonte infinita di musica stupenda. Faceva sembrare tutto così semplice".
Novoselic, 46 anni, è più malinconico: "Provo gioia e tristezza per come tutto è finito. C'è anche rabbia. Ci sono un sacco di cose", dice. "Alla fine, però, ascoltare questa musica mi ricorda che era tutto quello che contava veramente".
"Ho Nevermind in vinile e ogni tanto lo metto sul piatto e dico 'Wow, è davvero un grande album'".
"Nevermind" oggi è più vivo che mai. L'eredità dei Nirvana è viva e continua ad attecchire nei giovani che cercano nella musica qualcosa in più rispetto a quel che l'attuale pop plastificato può offrire. O di quello che evoca - ben poco - il finto rock edulcorato di mainstream.
All'epoca "Nevermind" spazzò via le fredde atmosfere sintetiche degli anni '80 con il calore di chitarre sature e batterie nervose.
Oggi la situazione non è poi così differente dagli eighties, ma manca all'appello un nuovo "Nevermind". Un disco che, comunque, non arriverà.
an.sa.
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