Lavorare nella musica? In USA uno su mille ce la fa, mentre in Italia...
Lo diceva Gianni Morandi che uno su mille ce la fa. Ovviamente non si riferiva a canzoni e canzonette, ma l'espressione è perfetta per il nostro articolo. Negli Stati Uniti, infatti, una persona su 1.146 vive (badate bene: vive, non sopravvive) grazie alla musica, ossia la sua professione principale è scrivere o suonare, cosa che in Italia è considerata al massimo un hobby.
E qui ci calza a pennello la canzone dei Two Fingerz con Emis Killa, 'Vai a lavorare', che dice: "Quando fai musica e ti chiedono che lavoro fai, non essere mai sincero, perchè se dici che fai musica la domanda che ti fanno dopo è: sì ma di lavoro vero?".
A rivelarlo sono le statistiche del Dipartimento del lavoro statunitense: nel 2010 su una popolazione di 300 milioni ben 269.400 persone lavoravano nella musica e con la musica. E la cosa più interessante è che secondo le previsioni entro il 2020 dovrebbero aumentare di circa il 10 per cento. Di questi 176.200 sono impiegati come "musicisti e cantanti" e 93.500 come "direttori musicali e compositori", con una paga media di circa 22 dollari l'ora.
L'industria musicale nostrana, ovviamente, non può minimamente competere con quella statunitense, che è la più ricca e potente del mondo. Anche perché, se gli altri paesi non anglofoni esportano musica, in Italia i nomi di cantanti o band di fama internazionale si possono contare sulle dita di una mano. Se pensiamo che c'è l'Islanda con Bjork e Sigur Ros, la Francia con Air e Daft Punk, la Svezia con The Hives, solo per citarne alcuni, a noi viene veramente una tristezza profonda..
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