R.E.M.: Collapse Into Now è il nuovo album - La recensione
"Collapse Into Now", il nuovo album dei R.E.M., sarà ufficialmente disponibile per l'acquisto a partire dal prossimo 8 marzo, eppure in rete già circolano le prime recensioni.
Si dice che questo album sia, per la band statunitense, un vero e proprio ritorno alle origini. Questa è, ad esempio, l'opinione di DelRock, che nell'articolo introduttivo al disco spiega come Stipe e soci approfondiscano "i vecchi schemi in una sorta di distillato del proprio repertorio". Viene anche sottolineata una compiutezza dell'album, tale da permettere di paragonarlo a quel capolavoro che è "Automatic For The People", ancora oggi un disco rock di esempio per molti addetti ai lavori.
Concordiamo sul fatto che l'identità dei REM sia stata sempre ben delineata e che, nel corso della loro ormai quasi trentennale carriera, la band non si sia mai discostata da un certo stile che è diventato un vero marchio di fabbrica. Allo stesso tempo, il gruppo ha sempre avuto l'apertura mentale adatta per recepire le correnti musicali del periodo - fu il caso di "Monster", un album molto bello e molto influenzato dal Seattle Sound così musicalmente e culturalmente forte alla metà degli anni Novanta.
Inevitabile che "Collapse Into Now" sia un disco perfettamente in linea con la maturità raggiunta dall band già nel corso dei suoi ultimi lavori. Il sito TheQuietus condivide con i lettori un ascolto abbastanza approfondito del nuovo disco, esprimendo opinioni molto interessanti in merito a ciascun pezzo della tracklist.
Scopriamo dunque che l'apripista Discoverer apre l'album con suoni poderosi di batteria e riff di chitarra che entrano immediatamente in testa, e che la voce di Stipe, molto versatile per natura ma generalmente focalizzata su registri malinconici, porta con sé una leggerezza che è quasi inaspettata. Il disco continua con All The Best, brano in cui l'ottimismo del vocalist sembra svanire un po', lasciando spazio ad una amarezza per trasferire al meglio il senso di versi quali "It's just like me to overstay my welcome". Le chitarre, a tratti persino chiassose, finiscono di sporcare un brano che non vuole avere nulla di patinato. Uberlin è la terza track in lista ed è prettamente acustica - le ballad sono un altro dei punti di forza dei R.E.M., dall'epoca di Everybody Hurts e forse anche da prima. E Uberlin pare non essere da meno, con le sue melodie sussurrate in cui l'incompletezza umana si mescola con un vago senso di speranza.
Oh My Heart rappresenta forse uno dei classici inni cui Stipe e compagni ci hanno abituati da tempo. La sensibilità della band nei confronti dei problemi ecologici e sociali è infatti cosa nota, e dunque questa canzone diventa un manifesto perfetto per raccontare della New Orleans post-uragano Katrina. It Happened Today è una bella sorpresa, perché vede Eddie Vedder (sempre più affine a Michael Stipe, in qualche modo, con il passare degli anni) comparire nei backing vocals. La canzone è caustica, iperbolica, a tratti straniante ed è un vero e proprio colpo di pistola sparato dopo l'intimismo di Oh My Heart.
Every Day Is Yours To Win sarà, secondo TheQuietus, la canzone che più di tutte le altre verrà presa come riferimento dai fan della band. Senza dubbio è una delle più interessanti dell'album, con la voce di Stipe riverberata in un eco infinito e chitarre metalliche e a tratti acide. Mine Smells Like Honey è invece puramente rock. Diretta, protesa come due braccia aperte, rapida, sembra scritta apposta per essere interiorizzata fin dal primo ascolto.
Walk It Back ha sonorità strane, conflittuali. La chitarra lascia spazio al pianoforte e il tempo è volutamente zoppicante, quasi in accompagnamento perfetto con la voce stanca e sconfitta di Stipe. Alligator Aviator Autopilot Antimatter non è nonsense soltanto nel titolo. ll recensore di TheQuietus trova infatti in questo brano una certa somiglianza con lo stile di Peaches - e sottolinea anche la presenza di una tromba in background.
That Someone Is You non arriva ai due minuti, e sembra spezzata nell'esecuzione - ma naturalmente nel modo più positivo possibile, poiché stiamo parlando dei R.E.M., e difficilmente di questa band si può dire che non sappia quello che faccia. Me, Marlon Brando, Marlon Brando and I vede invece in primo piano un mandolino e uno Stipe che spinge la propria voce inconfondibile fino al limite, e sebbene il titolo non sia facilmente spiegabile, le liriche del brano sono notevoli. "Lay me down, down, down" canta Stipe, e poi aggiunge, "Live and dream about the heroes".
L'album si conclude con Blue, sicuramente il brano più sperimentale e bizzarro. Le chitarre sono taglienti, affilate e rendono l'atmosfera intensa e melodrammatica. Il dramma aumenta all'ingresso del pianoforte, scarno e quasi dissonante, mentre la conclusione si addolcisce in uno swing perpetuo tra tristezza ed ottimismo, speranza e sconfitta, perdita e guadagno, in un cerchio senza fine.
Il mondo senza fine creato dalla musica dei R.E.M. che, in questo album, esplorano le mille sfaccettature della loro identità così complessa.
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