Dargen D'Amico - Nostalgia Istantanea (Video ufficiale e testo)
Guarda su AllSongs.tv il video ufficiale di 'Nostalgia istantanea', il nuovo singolo di Dargen D'Amico tratto dall'omonimo album.
Testo Nostalgia istantanea - Dargen D'Amico
E di’ una parola qualsiasi, comincia con qualcosa di semplice, tanto è la prima cosa che dici, nessuno sa cosa c’era prima, guarda la Bibbia, comincia semplice, è sempre in classifica e continua a vendere, probabilmente il primo ad ascoltarla si sarà chiesto “ma di che diavolo parla?” Le parole da usare, sempre quelle, l’arte è cambiare l’ordine, la vita è un’abitudine ma capita sempre di perderne, e così sono sempre meno, estendo i significati come rimedio, e in un futuro già palpabile userò per tutto un solo vocabolo. Nell’attesa ringrazio i coralli, che mi aprono senza che io usi le mani, qui siamo tutti stanchi come i santi e campiamo con le parole degli altri, le luci calano, stelle cadenti e quando passano tutti i passanti i presenti restiamo io e il mio sangue, pieno di cose inutili come i rimpianti. Quando sei giovane ingerisci e ti fidi, quando cresci, beh, almeno pagami, non sempre chi disprezza compra, spesso chi disprezza disprezza e basta, non c’è fine al bello, ma è una bugia, e potrei spiegarlo a parole ma una fotografia del sole per quanto si sforzi non scalda uguale. E vada come vada questo paesaggio, premetto che ho scommesso sul pareggio, ma se dentro questo quadro qualcuno mi conosce faccia finta di no, perchè purtroppo ci vedo chiaro, perchè sento la luna in mano, e potrebbe farmi dire a porta vuota cose che, francamente, meglio di no. E ora se volete andare, andate pure, uno alla volta e tutti di lì, un fanatico ha sempre cose da dire ma se avete altro da fare per me va bene così, io magari rimango ancora un po’, e rimpiango in sala il caldo che c’è in bagno, riciclo il canto altrimenti ristagno, Acquerelli salati su tela di lenzuola, maneggiare la morte con cautela, va tutto bene, sì, ma non ci credo, non sai prendere la gioia alla leggera, un inguaribile pessimista arrampicato al settimo cielo, lungo una stecca di liquirizia grida “voglio un altro primo giorno di scuola”, con la cartella piena di pagine vuote, se non avessi avuto il terrore dei bambini potrei fare il maestro e rivivere il primo giorno più spesso. E gite tra montagne di rifiuti, specie per impressionare i turisti, che oramai sono abituati, intendo dire sono abituati bene. Il teatro fa parte della vita, foie gras d’oca, nei foyer d’opera, a metà dell’opera c’è chi comincia bene, alla fine c’è chi pulisce le sedie, io piuttosto costruisco un teatro nuovo sopra, i sogni preferibili sono in corso d’opera, contorsionismo, sogno il risveglio di un chirurgo che sogna che si opera. Sonno disturbato crea mente disturbata, mente disturbata crea foie gras, e poi dà la colpa all’imbuto, e si difende con la erre moscia, anche la merda è commestibile, ed è legittimo farsi sodomizzare da un sommergibile, sì, la vita è tua nessuno te la tocca, ma ti prego lascia vomitare l’oca. Salto il pranzo e prendo un prete per il collo, “padre, vorrei vedervi morto, padre, come potete non vedere l’amore che si fa nel bagno di un treno, la mia verosimiglianza con Dio e la presenza del codice in ognuno, ma la perdono se benedice il rosso, e ci siamo chiariti fino all’ultimo sorso”. Satana satellitare mi ha localizzato, gli dico che mi sembrava meglio l’anno scorso, mi risponde “figliuolo, può darsi, tu intanto muori, poi in caso fai ricorso”. Angeli asmatici in timido volo, mitologia malata, seme sprecato, spruzzare lungo ma nella direzione sbagliata. Nuvole e suppellettili sono la dimora della fuga di cervelli degli animaletti, di rettili che schifano gli uomini fino ad imparare il volo degli insetti. La gallina regina, allo specchio del pollame chiede “viene prima l’uomo o la mina?, viene prima la morte o la vita?”, apri l’Afghanistan per una verifica, e poggia l’orecchio sulle labbra del papavero e attendi che si apra, fiore in carne autentica, senti la voce uscire dai petali, la bellezza di questa giovinetta rispetto alle altre della sua fila è una conseguenza diretta del fatto che questa almeno respira. La decomposizione è brutta a dirsi, ma siamo tutti carne con l’osso, l’estrema unzione è brutta a darsi, ma ti fa sentire utile al prossimo, che spero di non essere io, che so restare in equilibrio sui capelli che lascio sul cuscino. Una bomba sveglia al mattino, la pace è la guerra più difficile, trovare accordi ma senza soldi, e la soddisfazione generale è l’insoddisfazione dei generali, la condiscendenza è la virtù degli accondiscendenti, la discesa è la virtù della salita, l’odio riempie tempi morti immensi. Non basta essere di sinistra per essere controinformazione, non basta essere di destra per essere sprangati sul portone, ma non c’è pace senza guerra prima, le lacrime hanno i sali dentro, la fame nei paesi sottosviluppati evita a noi centro il sovraffollamento. Indirettamente è tutta colpa mia, non fare dell’ironia sull’eroina, effetti collaterali, effetto farfalla, giorni interi per terra in camera, quando mi alzo lascio a terra la sagoma, restando in silenzio influenzo le parole di chi mi sta intorno, e solo andandomene lascio il segno. E’ l’epoca dell’epica delle piccole cose, è la banalità che riveste le riviste, ed è la grazia di questo mondo che è semplice, che è bello, che è triste. Riportami la farfalla, non era male, se potessi alterarne il colore o farle parlare francese, o riflessi con nuove gamme in post produzione. Questa pioggia è così pesante che nasce e muore in un istante, volessi peggiorare la mia specie mi basterebbe fare un figlio, volessi lezioni da qualcuno fuori dagli orari dell’analisi proverei con la matematica, dove se sbagli non finisci in galera. Fermo al centro della balera mi noti subito perchè non ballo, provo a confessare al personale che mi eccita l’odore delle donne anziane, corpi che la natura non vuole più, genitali che non generano più, che il consumismo, più o meno, da quando è fatto bene si guarda solo al più. I più per rimanere aggiornati non guardano i giornali, guardano le pubblicità, e sono in molti a lamentarsi perchè negli spot i film han troppi spazi. Forse non sentirei tanto freddo se non ci fosse Armani in vetrina, domani chiedo un prestito per mettermi ciò che altrimenti non potrei permettermi. Mi farebbe comodo brevettare un nuovo suono o un nuovo modo di dire, o un nuovo mondo, forse basterebbe una nuova moda, però chiamami solo dopo che ci è passata sopra la commessa dei benestanti o il benestare dei commercianti, oggi anche gli animali gradiscono il classismo dei messaggi pubblicitari, cannibalismo di ritorno, nutrire un pollo con crocchette di pollo, e trova le somiglianze con l’uomo e le somiglianze tra me e il tuo ex uomo, guardaci bene, siamo quasi identici, bene, ora disapprovaci insieme, e ricorda che se lui ti avesse detto sì, ora non saresti qui, e sogneresti cheap. Non vorrei mai passare per passivo, passare per quello che non sono, passare per la cruna di un ago, per uno che disapprova il matrimonio, ma odio quando mi strappi dal bagno e i tuoi fermacapelli sul miei shampoo, quindi adesso mi salvo e me ne vado, io prendo un taxi, tu perchè prendi quell’arma? Con tutto lo spazio libero in giardino e con tutto lo spazio nello spazio, una parte del quale è ancora libero, vuoi accoltellarmi sulle scale? Hai trent’anni, ok, non sono venti, ma a essere fiscali non sono neanche quaranta, se non mi abbatti non ti abbatti e riprovi, uno stronzo che ti sposa lo trovi. Detto questo ho preso il volo, inteso come aereo, meditando “avrò fatto bene?”, meditare, se fatto bene, può portare la sonnolenza che volevo, ah se portasse anche delle olive da snocciolare a piccoli morsi, o qualcosa da bere a piccoli sorsi e intanto fare ordine fra i ricordi, verso l’anticamera della pace,e poi nelo corridoio, verso l’uno, io nel tempo libero provo l’infinito, il cielo è ovunque, tocco il cielo con un dito, in cielo mi sento parte di un ambiente cosmico, acronologico ma in movimento, fissare punti fermi è incongruo, volare è una reale perdita di tempo. Il sonno è il mio primo sogno, desiderio, dentro si muore tutti ma mica sul serio, la vita per sempre, la vita per finta, senza ammalarsi senza rimanere incinta, un mondo senza mosche, un caleidoscopio senza istruzioni, per cui l’impaccio dell’eco, senza indicazioni non sa di dover tornare indietro. E neanche mi risveglio, all’atterraggio lo steward mi scuote, come un pagliaccio, mi libera la cintura dai fianchi, io gli chiedo come sono arrivato fin qui, vorrei tornare nel mio sogno grand melo in cui si parla solo il mio grammelot, un agente mi chiede come mi sento, “lo dirò una volta sola, stia attento”, male se sto sveglio, ma non voglio la sua attenzione, i documenti sono nella giacca se li vuole, lo so è vecchia neanche a me piace questa giacca, aspetto di tornare single per cambiarla. Relazioni sperimentali, superficiali, stimolano i guardaroba, cosa mi metto, cosa non mi, e cene con ricordi di cui non ricordi i nomi, condividere il dolore è patetismo, condividere la gioia è già finita, la comunione dei beni, cosa ne pensi, mmm, siamo entrambi nullatenenti, ma ormai non posso cacciarti davvero, ti ho già detto ti amo da dietro, non mi rimangio la parola, che è così piccola che non riempie nemmeno, io stavo bighellonando e ora ho una parte nella tua vita, una piccola partecipazione lo so, un ruolo marginale rispetto al sogno, ma mi trovi buono buono che aspetto il tuo risveglio seduto sul comò, ho imparato l’importanza della gavetta in aereo, che è la gavetta del cielo, ma mica li ho mai capiti i matrimoni, rinfreschi solamente dopo il sì ma, per tutelarsi dai sensi di colpa servirebbe essere ubriachi prima, sto per rovinarti la vita, “no caro, non preoccuparti, peggio di così è impossibile, peggio di così c’è solo il polo petrolchimico” ah se te la prendi col polo petrolchimico è troppo facile, e allora facciamo tutti del qualunquismo che tanto sai cosa ci vuole, basta parlare male del male e bene del bene, è bravo chiunque a farlo, chiunque, chiunquismo. Deformazione professionale, perdere un braccio sul lavoro, o quattro gambe nello stesso feto il cui padre con la fronte sul vetro resta in silenzio, verrà frainteso da mezzo paese, misundersteso, ruota lo sguardo verso la croce che nonostante le preghiere non si muove. E il veleno cola nei pozzi, così si vende più Coca Cola, non disturbatevi stronzi, sono anni che beviamo quella sola. Faccio inalazioni da quando ne ho sei, sinusite, aerosol, kleenex ai muri delle gallerie, digerisco bene solo prima dei pasti. Ho messo a punto un senso di colpa che è una versione semplificata del karma, con qualche parola in meno ma con dappertutto bancomat e dramma e un santo che m’impressiona perchè, ancora sporco di sè, sangue se sei veramente sacrO non farmi impressione, sarebbe un miracolo, altrimenti mi volto, profilo egizio, mi appoggio al mondo e origlio, il re scommette la propria corona e soldi che tra partentesi non ha, “croupier sono un re di passaggio, sono stanco del viaggio, le dispiace se m’appoggio cinque minuti a questo tavolo verde, e scommetto il mio logo sul numero che non perde”, “sa il logo incoronato oggi è inflazionato, non si offenda ma non ha mercato, ma se le piace indebitarsi può partecipare, però rischia il regno e anche di avere fame, gli esattori le rovineranno le aiuole, è ciò che dira di se stesso nelle memorie, però potrebbe diventare uno scrittore, l’ennesimo famoso solo per un paio d’ore”. Al cubo gli incubi si manifestano nelle forme e nei colori più vari, ma per scrivere sono necessari, io per esempio temo una vita senza lavatrice. Un taglio di capelli da dimenticare come il limbo lascia strascichi nell’anima di un bimbo abusivismo di castelli di sabbia consegna del castello entro agosto, spero di farcela, “sei un incapace, come ti sei pasticciato, sia maledetto l’inventore del cono gelato”, sia benedetta la vita difesa dalle allergie all’esame di leva. Quanta timidezza nelle prime band rock, mostrami come tieni il tempo, cominciamo con la musica, poi le parole, brillano i diamanti sudati in sala prove, tutti fuori tempo nello stesso momento, “non hai un po’ voglia di guardarmi dentro? non vuoi guardarmi nuda?” no non me la sento ho il blocco, Cuba, facciamolo a una distanza di sicurezza, tu intanto detti il tempo con la bacchetta, sei perfetta ti vorrei come capoufficio, mi è passato il blocco trema l’edificio. Benedetta fretta, fare l’amore in piedi, scappo, domani ho un’agenda piena, devo fare strage di streghe ed emigrare i migratori negri, poi devo ripassare da casa, epoi devo ripassare la natura, quel tramonto è fuori asse, quella donna è fuoriclasse. Hai una dizione perfetta e lavi le scale, devi lavorare di più sui tuoi contatti, vada per l’attitudine naturale, ma un culo come quello non puoi darlo aggratis, quando so che spolvererai il mio piano l’attesa mi fa il cuore così grande che mi schiaccia e mi preme nel divano, che dovremmo aggiungere due stanza. L’amore in pausa pranzo, rientri in ufficio digiuno che ti gira la testa, però senti lo zucchero sulla lingua, però vedi Dio dalla finestra, innamorarsi nella pausa caffè, baciarsi contro scaffalature spoglie, è sopravvivenza, è bere gocce di acqua piovana direttamente dalle foglie, esseri umani clonati, crackati, si prega di dormire però staccati, che di incubi ne ho già di miei, ed il discorso vare pure per lei, non finga di non avere capito o di avermi capito io una volta capito sono finito, come se non sapessi che mi apprezzi finchè sono pazzo, finchè sono un puzzle, finchè sono a pezzi. Ci sono matti che rimpiangono i manicomi che per loro erano meglio del precariato, meglio la sofferenza dell’indifferenza e non so cosa mangiare, nè cosa mettermi, non preoccuparti, basta quella, tanto è un’inquadratura a mezzo busto, ci sono matti che rimpiangono i manicomi semplicemente perchè erano più giovani. Il diritto soggettivo di sentirsi vecchio, rose storiche, rose tutte d’un pezzo, alla mia età erano morte da un pezzo, finite a marcire in un secchio, che senso ha perdere tempo col mascara se poi comunque metti la maschera, riesco a dimostrare qualche mese in meno, se menti sull’età alteri il censimento, ma no che siamo ancora giovani, prenda il numerino Dio, si accomodi, team in bianco e nero, intramuscolare, non sono per niente cari, curano tutti male, “vuole un drink?”, rispondo “whiskhy e acqua”, col sapore di whiskhy ancora in bocca non riesco a gustarmi l’acqua, e mi controllo altrimenti berrei dieci litri d’acqua al giorno. Certo, ultimamente non fa bene quest’acqua malata, quest’acqua di oggi, fa dei giri strani prima di raggiungerci con calma negli alloggi, acqua, abbi pietà di noi e rimettiti, coe noi ti mettiamo nei rubinetti, come noi abbiamo la pietà per gli insetti ma siamo tutti colpevoli comunque la metti, macchiati dal peccato originario, non so cosa sia ma è già colpa mia, già che ci sono faccio una strage di cuori, l’inferno è solo per i poveri. Dal fondo mi insulta un fondamentalista, gli rispondo “le parole feriscono, chetati”, cambio idea quando mi mostra le armi, “le parole vanno benissimo, insegnami”, il segno della croce non è nelle dita, il segno della croce è sulle spalle, Gesù non alza la mano, al diavolo, Gesù alza la voce, il segno della croce non è nelle dita, il segno della croce è sulle spalle, Gesù si rialza ogni volta e si riprende la croce. Se Dio si incarnasse ancora finirebbe su una croce tutta nuova, ripreso dai telefonini in aria, ecco che cos’è la nostalgia istantanea.
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