Michael Stipe e i R.E.M.: alle radici, ma con ottimismo
“Collapse Into Now”, in uscita domani, è un’ottima occasione per ritrovare i R.E.M. e anche per notare che Michael Stipe sta invecchiando bene. È addirittura più affascinante di quanto non fosse vent’anni fa.
Qualche chilo in più addosso gli dona, e gli occhi azzurri e grandi risaltano sul volto incorniciato dalla folta barba sale e pepe. Sono trent’anni ormai che lavora nel mondo della musica e ha compiuto cinquant’anni lo scorso anno e anziché tirare i remi in barca, fa il punto della situazione e guarda al futuro. E perché non dovrebbe? I R.E.M. hanno ancora molto da dire.
Al Corriere della Sera, spiega che il titolo del disco rappresenta “l’importanza di esplorare il presente e l’attimo esatto. Non sono un buddista, ma c’è uno sforzo filosofico nell’essere nel momento”.
Dell’album, invece, dice che è “un lavoro corposo, diviso in canzoni diverse, ciascuna importante come le altre”, un concetto che secondo Stipe “non è passato bene dal XX al XXI secolo. L’idea di una serie di brani che metti su disco che si compra nei negozi è morta. Queste rappresentazioni visive sono il nostro modo di concepire un album nel 2011”.
Le rappresentazioni visive di cui parla il cantante sono i videoclip che accompagneranno ciascuno dei brani inclusi in “Collapse Into Now”, una vera e propria novità nel panorama musicale. Incredibile come, a proporla, sia una delle band rock più famose degli ultimi trent’anni e non qualche pop star che si propone sul mercato soltanto adesso. Incredibile e, in qualche modo, rassicurante, perché significa che i R.E.M. cercano modi nuovi per comunicare un’identità ben radicata che non ha alcun bisogno di cambiare.
Michael Stipe, che annuncia che non ci sarà alcun tour a promozione di “Collapse Into Now”, si definisce molto soddisfatto del lavoro compiuto, e sembra circondato da un’aura di ottimismo che non gli è usuale. Merito anche della politica del suo Paese, finalmente diversa dopo due mandati al repubblicano Bush Jr. “Sono orgoglioso che il mio Paese abbia eletto Obama”, dichiara con la sua inconfondibile voce, bassa e piana, “è stato come riconoscere la distruzione fatta dall’amministrazione Bush (…). Oggi dobbiamo avere pazienza con Obama che vuole far riemergere quello stato sociale che è stato distrutto da Bush e, prima, da Reagan”.
L’intelligenza di Michael Stipe è cosa nota, così come lo sono la sua cultura e le critiche sociali e politiche calzanti, taglienti. Fa piacere vederlo più rilassato - una percezione che traspare abbastanza nitidamente anche all’ascolto del nuovo album della band, sempre onirico ma al contempo positivo e tranquillo, come già spiegato nella nostra approfondita recensione di qualche giorno fa.
“Collapse Into Now” è stato registrato tra Portland, Nashville, New Orleans e Berlino, dove peraltro Stipe vive. Si dice che la band cercasse uno studio di registrazione in un Paese famoso per la sua buona cucina - dunque perché proprio la Germania? La risposta, Michael la fornisce a La Stampa: “Veramente volevamo venire anche a Roma, ma non abbiamo trovato lo studio adatto. Una città con una buona cucina ha una sua energia. Uno studio, per uno che fa il mio mestiere, è come una reliquia in una chiesa per un credente. E lì (a Berlino, n.d.r.), sì, si sentiva l’aria del passato, e lì è nato il testo di UBerlin. Sempre lì è venuta Patti Smith a registrare il suo intervento su Blue, e Eddie Vedder che era in tour con i Pearl Jam mi ha messo la voce in It Happened Today”.
Già, le collaborazioni. Altro punto particolarmente interessante relativo al nuovo lavoro di Stipe e soci. Mai si erano viste così tante guest star di spessore mondiale in un loro album. Non solo Patti Smith e Vedder, dunque, ma anche Peaches e Joel Gibb degli Hidden Cameras. Un’altra novità, pur nella tradizione.
Per chi ha amato dischi imponenti per il rock come “Automatic for the people” e “Monster”, “Collapse Into Now” dovrebbe decisamente essere in cima alla lista dei desideri delle cose da acquistare domani, subito, come prima cosa.
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