Tomorrowland 2016, la sorpresa mista a certezza
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Chi parlava di crisi riferendosi a quanto successo ad Atlanta, dovrà farsene una ragione. L'edizione 2016 del Tomorrowland è un altro tassello sfarzoso nel puzzle dei festival internazionali, all'insegna di scenografie di livello assoluto e performance degne del principale evento europeo, oltre che tra i primi due del mondo. Il weekend concluso domenica sera apre ai numerosi spunti dei giorni successivi, sia per quel che riguarda il repertorio messo in scena dagli artisti, sia relativamente alle strategie adottate durante le 72 ore di musica elettronica sui quasi 50 stages che si sono alternati nelle Fiandre.
Dall'ascolto e dall'analisi di quanto successo a Boom, emergono dati confortanti ed altri che rappresentano un vero e proprio avviso ai naviganti. Se ci sono veterani che non cambiano stile e rimangono perennemente sulla cresta dell'onda, dev'esserci un motivo plausibile, e quel motivo è la qualità in termini di commistione tra studio e stage. Gli astri nascenti stanno imparando a sorprendere sulla stessa lunghezza d'onda, forti di una nuova corrente come la future house. Chi rimane nel limbo, invece, è l'artista che si fossilizza su un eccessivo carico di progressive, con qualche schiarita pop studiata a tavolino e spesso non determinante nell'economia del set. Il rischio di stancare, tra tanta concorrenza ed idee trite e ritrite, è enorme. Esattamente il contrario di quanto successo con un pizzico di techno sul Main Stage.
È così che, alla fine della fiera, i protagonisti più apprezzati sono Deadmau5 ed Eric Prydz, che hanno pubblicizzato al meglio il loro back-to-back e hanno rispettato le attese con un set di alta qualità, e clamorosamente Paul Kalkbrenner, che approda sul Main Stage e, ripetitività o meno della progressive, spezza un sound fino a quel momento troppo generico e senza particolari spunti di carattere personale. La partnership tra i due DJs è destinata ad entrare nell'élite del Tomorrowland, includendo anche le edizioni precedenti. L'esibizione dell'artista tedesco, sempre molto caratteristico e ormai pervaso da un'aura leggendaria, dimostra che la techno è ancora capace di far ballare migliaia di persone.
Ovviamente, non si tratta di semplici casi isolati. L'artiglieria pesante del festival non tradisce le aspettative del pubblico, a prescindere dall'affetto che lega gli artisti e la folla. Armin Van Buuren conferma di essere ancora una spanna superiore alla concorrenza: nonostante qualche tocco inatteso nella tracklist, il set è costantemente coinvolgente e non scade in banalità o perdita d'impatto su chi ascolta. D'altra parte, se uno come lui non si fosse addentrato in qualche scelta eccentrica, chi avrebbe potuto farlo al suo posto? Nomi, in effetti, non ce ne vengono. O forse sì. Axwell Λ Ingrosso godono della stessa benevolenza, anche superiore all'ex collega Steve Angello e al pupillo Alesso, e l'ottimo percorso culminato con il rilancio del resident show all'Ushuaïa di Ibiza tocca il suo apice nel live in Belgio: il nuovo repertorio si fonde alla perfezione con i classici che trascinano, ma sui quali non ci si fossilizza per mantenere alta l'attenzione. Un lusso che in pochi possono concedersi.
Dall'altra parte, invece, la carrellata dei big che punta sullo spettacolo. Fondamentalmente non si tratta di una cattiva idea, considerando il contesto del festival e la capacità d'intrattenimento che possiede gran parte della lineup, ma non ci si può limitare a questo. Il vantaggio è tutto per i DJs che si esibiscono per primi, quelli che possono dare sfogo alla scenografia pantagruelica tipica del Tomorrowland, ma anche alle tracce simbolo della progressive. Probabilmente è per questo che i David Guetta, i Martin Garrix e i Dimitri Vegas & Like Mike (un po' meno i Tiësto) devono fare gli straordinari per raggiungere un voto positivo alla fine dello show. Lungi dal contestare le scelte di mostri sacri delle Fiandre, ma era palese che il maggiore entusiasmo si fosse già spostato su altri protagonisti. In tutto questo, ad uscirne paradossalmente vincitore è Hardwell, grande assente nell'edizione 2016: il DJ di Breda evita di pestarsi i piedi con i colleghi, sperando in un nuovo livello qualitativo nei prossimi show.
La ripetitività non è un problema degli interpreti della future house e di chi ha scelto di rinnovarsi per l'appuntamento dell'estate. Steve Aoki applica la strategia migliore, scrollandosi di dosso il rischio di avvicinarsi troppo ai suoi colleghi di spicco. Con Don Diablo e il doppio orgoglio italiano Lush & Simon continua la campagna pubblicitaria di What We've Started, sempre più apprezzata dal pubblico internazionale. Piacevole conferma anche per Oliver Heldens, sempre sul pezzo con un sound mai banale, mentre arrivano le piacevoli sorprese da un sottovalutato Otto Knows e dai Chainsmokers, che ritrovano un'energia vista raramente nei grandi eventi.
In tutto questo, dunque, il Tomorrowland ha mantenuto il suo solito spettacolo in termini scenografici, ma un morboso accostamento di set somiglianti ha solcato in maniera più netta la differenza tra la qualità musicale e il talento dell'animazione. Il festival delle Fiandre conferma che l'EDM non è morta, né tantomeno la techno, ma apre il dibattito su un percorso di rinnovamento da intraprendere al più presto, se non si vuole rimanere indietro a favore di altre rising stars del panorama internazionale.
Tutti i Liveset del Tomorrowland 2016
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