Dalla Norvegia con furore: intervista ad Alan Walker cresciuto tra web e consolle
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È tra i giovani producer e dj rivelazione degli ultimi mesi e sta letteralmente facendo ballare il mondo – dall’Italia a al Sud Africa, dalla sua Norvegia all’Australia – con il brano Faded, hit globale da oltre 3,5 milioni di copie vendute e Dischi di Platino come se piovesse. Da qualche giorno, il diciottenne Alan Walker ha rilasciato il nuovo video Sing Me To Sleep, follow up della precedente traccia che promette di seguirne le orme anche in termini di successo.
In questo inizio d’estate il talento nordico della consolle arriva per la prima volta nel nostro Paese per esibirsi all’Arena di Verona in occasione dei Wind Music Awards 2016, dei quali è ospite d’eccezione martedì 7 giugno. Per l’occasione, l’artista promette una speciale performance della super hit che per settimane ha dominato l’Airplay radio e la chart FIMI/Gfk (è Triplo Platino).
Perfetto figlio della generazione web, Walker si muove tra YouTube e Soundcloud e proprio dalla rete è nata Faded. Abbiamo incontrato Alan in occasione del suo passaggio a Milano prima di partire per la città scaligera e ha raccontato un po’ di sé, della sua musica e dei progetti in corso.
Ciao Alan, benvenuto in Italia innanzitutto! Sei un artista “velato”, un po’ misterioso: ci racconti un po’ di te?
Beh, sono un ragazzo di diciotto anni – anzi ad agosto ne compirò diciannove – e sono nato in Inghilterra da papà inglese e mamma norvegese; all’età di due anni mi sono trasferito in Norvegia e ho trascorso lì tutta la mia giovinezza. Ho iniziato a fare musica circa quattro anni fa e subito, nei successivi due-tre anni, è arrivato il successo ma il vero exploit c’è stato in questi ultimi mesi.
Faded è oggi una hit mondiale, ma qual è la sua storia? Come è nata?
Il progetto originario risale a un paio di anni fa, nel 2014: è allora che nacque Fade. Il brano mi è stato ispirato da due tracce che ho trovato su YouTube e che ho voluto in qualche modo combinare, mettere insieme, traendone lo stile melodico ma rallentandone il tempo. Il pezzo è uscito in un primo tempo solo in rete con l’etichetta indipendente NoCopyrightSounds ma a fronte del successo sono stato poi contattato da Sony Music, con cui ho firmato nel 2015. Insieme abbiamo deciso di rimasterizzare la traccia aggiungendo la voce femminile che è quella di Iselin Solheim, autrice del testo.
Il tuo secondo singolo, Sing Me To Sleep, è uscito da pochi giorni (in Italia, però, dovremo aspettare ancora un po’ per la sua release ufficiale): ce lo presenti?
È un follow up di Faded: ho voluto lo stesso produttore e la stessa vocalist proprio per dare un senso di continuità e riconoscibilità, creando un legame tra i due brani. Anche i due videoclip sono legati fra loro, attraverso la versione acustica intermedia, come fossero piccoli episodi di una serie TV e alla fine del terzo video c’è anche un teaser che anticipa come continuerà la storia.
Qual è la tua formazione musicale o comunque quali sono le tue basi?
Praticamente nessuna! Ho un piano in casa ma è di mia mamma e non lo suonare. Ho iniziato a fare musica e a produrre da solo, per hobby. Non ho fatto nessun tipo di studio musicale e sostanzialmente ho imparato seguendo dei tutorial online. Per quanto riguarda i miei primi ascolti, devo dire che ho sempre amato la techno della vecchia suola e le club hits.
E allora che cosa ti ha spinto a fare musica?
È stata la curiosità: ho iniziato a fare musica perché, da teenager, mi chiedevo come poter produrre. Ero incuriosito da quel mondo e come tutti i giovani avevo voglia di esplorare e sperimentare cose nuove. Solo dopo ho iniziato a studiare il piano, sempre tramite tutorial su YouTube: è funzionale e pure gratis.
Da dove o da cosa trai ispirazione?
Difficile definirlo: posso essere ispirato da qualunque cosa senta in giro, anche quando semplicemente esco o vado in un locale dove magari sento una melodia da cui mi nasce un’idea che poi cerco di riprodurre al mio computer. Spesso, poi, mi ispirano le colonne sonore dei film, mi colpiscono le loro melodie come quelle di film tipo “Inception” e “Transformers”.
Sei giovanissimo ma già con un successo mondiale: come lo stai vivendo?
È qualcosa di straordinario, anzi credo che sia il sogno di ogni ragazzo che faccia musica nella sua cameretta: ammetto che faccio ancora fatica a realizzare quello che mi è successo! Ma è fantastico.
La tua immagine è per molti aspetti misteriosa, con questa felpa che indossi quasi fosse una maschera: come mai?
Non è una scelta per forzare o comunque far concentrare il pubblico solo sull’ascolto, ma un modo per incuriosire chi assiste alla performance, inducendolo indagare più a fondo per capire chi è davvero Alan Walker. E poi, ecco, per ora sono anche felice di non essere fermato in continuazione per strada! Oggi molti pensano più ad apparire... però, chissà, col tempo, prima o poi, mi rivelerò...
Sei anche un graphic designer: hai curato tu il tuo logo o comunque intervieni negli allestimenti e nei visual dei tuoi live?
Ho disegnato io il mio logo e ma i visual dei live, anche per la loro complessità, sono stati affidati ad altri professionisti. Io però partecipo al processo creativo.
Ci sono musicisti o voci femminili con cui vorresti collaborare?
Se dovessi scegliere un artista con cui lavorare, mi piacerebbe produrre qualcosa con Kygo e poi, amando la trance music, adoro Armin van Buuren, sarebbe un sogno collaborare insieme. Una vocalist? Penso a .
La tua prima performance in Italia ha come cornice la splendida Arena di Verona: cosa ti aspetti dal pubblico?
Quando ho visto la foto della venue ho esclamato “Wow! Sembra di andare a suonare al Colosseo!”. È una location fantastica, con tutta la gente che ti circonda: sono entusiasta e non vedo l’ora di sperimentare la reazione del pubblico italiano!
Quali sono i tuoi prossimi progetti?
Non c’è nessun album in vista per ora, ma ho già molta musica pronta e al momento mi sto concentrando sul tour 2016: nei prossimi mesi mi troverete in giro per tutta Europa.
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