Ghost producers, le opinioni del mondo EDM
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Non è tutto oro quel che luccica, almeno stando al polverone sollevato nelle ultime due settimane. La Top 100 di DJMag è croce e delizia del verdetto popolare, visto che non tutti sono contenti di come viene rappresentata la gerarchia della musica elettronica. Tra le componenti a tener banco c'è quella dei ghost producers, tema sul quale si sono dibattuti tanti fan che, per un motivo o per un altro, hanno optato per questo o quell'artista. Ma cosa ne pensano i diretti interessati? La voce dei DJ, stranamente, è passata in secondo piano. Fino ad oggi.
Un'indagine interessante, quella che coinvolge i pensieri dei principali attori del panorama EDM, coloro che si sono spartiti le primissime posizioni della graduatoria durante l'Amsterdam Music Festival. Da Dimitri Vegas & Like Mike a Steve Aoki, passando per David Guetta e Hardwell: ecco cos'hanno detto in proposito le grandi firme della classifica.
C'è molta confusione sul tema dei ghost producers. Non è solo una condizione della musica elettronica, ma in ogni altro campo artistico c'è la possibilità di chiedere un supporto esterno. Se c'è bisogno di una mano è soltanto per il bene di tutti, a partire dal brand per arrivare all'utente o al fan che ci ascolta da casa o al prossimo festival. L'importante è che ci sia chiarezza sulle collaborazioni.
Se non produci da solo, basta essere onesti e la storia finisce lì. I fan non meritano menzogne.
Personalmente non ho mai utilizzato supporti esterni per produrre le mie tracce. Se c'è una presenza esterna nelle proprie produzioni, la presenza in studio o il proprio brand non hanno senso.
C'è una bella differenza tra un ghost producers ed un vero e proprio team di supporto. Se si tratta di gente regolarmente retribuita ed inserita nei credits, ben venga qualsiasi tipo di supporto.
Non biasimo chi usa ghost producers come aiuto nelle proprie tracce. Piuttosto condanno chi si avvale di altre figure, ma ne nasconde la fruizione.
In realtà non ho nessun tipo di problema sull'argomento...
W&W:
È un giudizio contrastante. Certamente va a snaturare lo stile di un artista, ma allo stesso tempo non è l'unico aspetto a rendere tale un DJ. Si può far leva anche su altre caratteristiche.
Sono molto aperto a tal proposito, lavoro sempre al fianco di produttori e credo che non ci sia nessun problema. Poi quello che decidono gli altri non mi riguarda.
Non puoi giocare in NBA se non sai giocare a basket...
Se si tratta di gente pienamente coinvolta nel progetto, gente che segue il brand nei tour oltre che nello studio, allora siamo d'accordo. In qualunque altro caso, è meglio porci una pietra sopra.
Credo che si tratti di un fenomeno inflazionato. Per me ogni figura che contribuisce al successo andrebbe inserita nei credits. A me piace lavorare con altri produttori, scambiare idee, consigli e piccole accortezze. Se tutto è alla luce del sole, va benissimo così.
Ritengo opportuno dare e ricevere aiuti in tal senso. Per quanto riguarda il rendere noto un ghost producer, è uno scrupolo personalissimo. Dipende da quanta onestà si ha con i propri fan.
Abbiamo cominciato anche noi come ghost producers, è stato un autentico trampolino di lancio. Siamo d'accordo con le collaborazioni, ma deve arrivare il momento in cui il ghost deve ottenere la sua fetta di successo. Ammesso che la voglia.
Opinioni divergenti, dunque, tra i primi 25 della Top 100, a dimostrazione delle diverse strategie impiegate da ognuno durante gli ultimi mesi di campagna elettorale. Ciò che emerge, a prescindere da tutte le interpretazioni date dagli artisti, è la caratteristica dell'onestà: i fan devono sapere cosa stanno ascoltando, il DJ deve sapere cosa sta suonando. Sarà la definitiva chiusura del dibattito o si andrà avanti con le prime vere "ammissioni"? I prossimi mesi ci diranno di più.
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