EDM, i brand più ricchi del mondo
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Negli anni più recenti, il panorama musicale internazionale ha ben presto dovuto fare i conti con la prepotente emersione dell’EDM. E non si tratta solo di un fenomeno di genere, visto che ha portato con sé una serie di fattori economici di importanza rilevante. La specializzazione dei DJ in questa scena ha garantito loro un guadagno fuori dal comune, con benefici non indifferenti anche per i club che ospitano le star del momento: la stima attuale parla di quasi sette miliardi di dollari, valore complessivo del settore.
Ovviamente, non si può fare a meno di classificare i brand trainanti, quelli che hanno fatto dell’EDM una vera e propria miniera d’oro. Billboard ha stilato una gerarchia dei marchi maggiormente influenti, sul piano di profitti e investimenti, nello scenario musicale in questione. Tra le multinazionali incluse, non può mancare l’americana Anheuser-Busch, titolare della Budweiser, con 35 milioni di dollari tra DC e SFX Festival oltre ai rapporti commerciali con artisti del calibro di Tiësto e Diplo. Numeri impressionanti e irraggiungibili anche per la 7Up, che ha sponsorizzato la sua attività chiamando nuovamente in causa l’olandese, stavolta al fianco di Martin Garrix. La grande campagna pubblicitaria avviata nel corso dell’Ultra Music Festival di Miami, tuttavia, ha stoppato il bilancio finanziario a “soli” 20 milioni di dollari. Chiude il podio la T-Mobile, ferma a 10 milioni di dollari.
Gallery: #Ultra Music Festival
FullscreenUltra Music Festival 2015
L’ingresso massiccio dei colossi finanziari ha generato una trasposizione della figura EDM, passata dai “pochi eletti” delle prime edizioni del Tomorrowland alla fruizione di massa che prosegue ormai da diverso tempo. Gli affezionati di lunga data esprimono una certa opposizione a questa pratica, tra le cause dell’etichetta “commerciale” affibbiata al genere, ma è altrettanto vero che gli investimenti (e i profitti) delle multinazionali hanno permesso di ampliare il raggio d’azione, sia sul piano musicale sia dal punto di vista della spettacolarità degli eventi.
Certo è che il podio denota la distanza tra la tipologia di investimento strettamente americana e quella che invece caratterizza il panorama europeo, senza contare il grande impatto del mercato asiatico. Il maggiore flusso finanziario che caratterizza gli States permette la creazione di appuntamenti più ricchi e frequenti (basti pensare all’ascesa verticale del gruppo Hakkasan), mentre i minori investimenti nel nostro continente fanno registrare una flessione generale. Flessione che, ovviamente, non riguarda i grandi festival europei né le maggiori mete turistiche, ma condiziona una serie di eventi che sembrano perdere il loro appeal a favore delle pantagrueliche creazioni made in USA.
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